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Social Care: tre dati utili per orientarsi tra nuovi bisogni

L’emergere di una disabilità o la gestione di un familiare anziano non autosufficiente sono momenti che possono risultare gravosi per l’individuo.

Lo stesso può valere, tuttavia, anche per altri momenti più piacevoli nella vita di un individuo, come, ad esempio, la nascita di un figlio.

Dall’analisi dei dati delle nostre linee di ascolto, emerge, infatti, come le persone siano chiamate sempre più a sostenere fatiche e disagi legati a circostanze che possono risultare difficili da gestire.

Sono momenti che possono essere molto gravosi per l’individuo, con il rischio di sentimenti di solitudine, abbandono e grande sofferenza e che spesso vengono sottaciuti o addirittura nascosti ai propri responsabili.

Le stesse Linee Guida OMS raccomandano la formazione dei dirigenti, per sviluppare la loro capacità di prevenire gli ambienti di lavoro stressanti e di rispondere ai lavoratori in difficoltà, anche di fronte a nuove situazioni che possono impattare sul benessere della persona.

In vista dell’approssimarsi di un nuovo anno, abbiamo raccolto tre dati statistici significativi, che possono aiutare i professionisti delle Risorse Umane ad anticipare nuovi bisogni e programmare interventi organizzativi su bisogni sempre più significativi tra i propri collaboratori.

Genitori e dimissioni volontarie nei primi tre anni di vita dei figli

Nel 2020, 42.000 genitori di bambini 0-3 hanno dato le dimissioni, il 77% erano madri.

Le statistiche indicano che la maggior parte ha un bambino con meno di un anno di età e quindi bisognoso di accudimento. Sul complesso dei richiedenti, il 61% ha un figlio, il 32% due figli e il 7% più di due.

Questi numeri ci fanno capire quanto sia delicato il momento della nascita di un bambino all’interno di una famiglia.

Le dinamiche e gli equilibri vengono completamente modificati: all’interno del contesto familiare tutto è cambiato, tuttavia all’esterno sembra che il tempo non sia trascorso.

La difficoltà di poter avere maggiore flessibilità oraria o un orario di lavoro ridotto spesso portano i genitori a decidere di dare le dimissioni.

Questa situazione ha maggiori probabilità di presentarsi quando la famiglia non ha una rete sociale di supporto su cui fare affidamento o non ha possibilità di usufruire di un servizio per l’infanzia.


Caregiver: collaboratori con doppio lavoro

I Caregiver sono 2 milioni e 800. L’80% dei caregiver è donna, inoltre il 60% delle donne tra il 45 e i 55 anni hanno abbandonato il lavoro.

Un altro tema trasversale a moltissime aziende è quello dei collaboratori con il ruolo anche di caregiver familiare, cioè di tutti coloro che si occupano di un familiare non autosufficiente.

È ormai risaputo come molti collaboratori si trovino costretti a ricoprire il doppio ruolo di professionisti e di assistenti a parenti anziani o disabili; spesso si tratta di una scelta obbligata, in quanto non è possibile l’inserimento in struttura per i più svariati motivi.

Si tratta di situazioni non solo complesse, ma logoranti, in quanto chi è caregiver non ha la possibilità di prendersi delle “pause”, l’allerta è sempre alta.

Le responsabilità sono quindi sempre molte e anche le preoccupazioni.

Una ricerca Istat di qualche anno fa indicava che i caregiver sono 2 milioni e 800 mila.

Per rendere meglio l’idea si tratta di un lavoratore su tre. L’80% dei caregiver è donna, inoltre il 60% delle donne tra il 45 e i 55 anni hanno abbandonato il lavoro per prendersi cura di qualcuno.


L’esercito degli autistici disoccupati

autismo, scritta multi colore

85% degli autistici laureati è disoccupato

Da una interrogazione orale del Parlamento Europeo del 2021 si legge che Le persone autistiche, indipendentemente dalle loro esigenze di sostegno, subiscono un elevato livello di discriminazione in tutti gli aspetti della vita, compresi l’istruzione e la formazione professionale, con conseguenti scarsi risultati occupazionali. La disoccupazione colpisce in modo sproporzionato le persone autistiche, anche quelle con un livello di istruzione superiore alla media. Il loro tasso di occupazione è inferiore al 10 %, ben al di sotto dei tassi del 47% per le persone con disabilità e del 72 % per le persone senza disabilità”.

I motivi alla base di questi dati sono molteplici a partire dalla conduzione dei colloqui che spesso non tengono in considerazione difficoltà come il mantenimento del contatto oculare, un certo tipo di eloquio e di altre abilità sociali che, per quanto a volte conosciute dalle persone autistiche, possono comunque mettere a disagio.

Inoltre, vi sono poi altri elementi che possono portare, invece, alle dimissioni di collaboratori autistici, legate ad esempio a disattenzioni dell’organizzazione dal punto di vista sensoriale (luci al neon, stanze con diversi dipendenti o open-space e quindi particolarmente rumorose, ecc.).


Rispondere a nuove esigenze per creare valore

L’evoluzione dei bisogni e delle esigenze dei collaboratori nei momenti di cambiamento può rappresentare un’occasione per le organizzazioni per supportare le Persone nello sviluppo di nuove skill su cui poter fare affidamento, sia nella vita personale che professionale.

Ad esempio, durante alcuni momenti formativi con i genitori emerge quanto l’esser diventato/a padre/madre abbia insegnato a ottimizzare i tempi e a pianificare con maggiore attenzione impegni e scadenze non solo personali, ma anche lavorative.

Come ribadito da T.A. Ghebreyesus, Direttore Generale dell’O.M.S.

“La salute mentale dei collaboratori riflette anche le loro capacità di gestione (sia emotiva che pratica) di quelle situazioni impattanti che ognuno di noi incontra quotidianamente. Per questi motivi è importante che le azienda possano avviare diverse iniziative su più livelli di intervento: corsi di formazione e di supporto rivolti ai collaboratori (per il sostegno dal punto di vista burocratico, dell’organizzazione domestica e soprattutto emotivo), convenzioni con enti e cooperative che possono offrire assistenza. In questo modo si possono muovere passi concreti per sostenere i collaboratori e creare una cultura aziendale sempre più attenta e un ambiente di lavoro accogliente che permette alla persona di esprimersi al meglio e di potenziare le sue abilità.”

 

Sara Comandatore, Social Care Coordinator Stimulus ItaliaA cura di Sara Comandatore,
Social Care Coordinator
Stimulus Italia