Disabilità invisibili: cosa sono e perché è importante parlarne
Dai dati di una recente indagine, svolta su un campione di circa 500 aziende in tutto il mondo, risulta che il 79% delle organizzazioni, a livello internazionale, ritengono che Diversità e Inclusione (D&I) siano parte integrante della strategia di business e 6 aziende su 10 concordano sul fatto che un’azienda inclusiva ha prestazioni migliori.
In questo appuntamento della nostra rubrica dedicata ai temi del Social Wellbeing, abbiamo scelto di concentrarci su un tema spesso poco affrontato, quello delle disabilità invisibili.
Disabilità in Italia: una panoramica
Secondo l’Istat il numero totale di disabili in Italia è 12,8 milioni (di cui 3,1 milioni presentano una disabilità grave).
Questo numero corrisponde al 21,3% della popolazione italiana e include un’ampia gamma di disabilità, da quella più grave a quella con minori limitazioni e ripercussioni sulla vita quotidiana, comprese malattie croniche, cardiopatie, tumori, demenze, disturbi del comportamento ecc.
Spesso quando si pensa alla disabilità ci si immagina una persona con difficoltà motoria o in carrozzina. In realtà i dati ci confermano che siamo di fronte a uno stereotipo: il 93% dei disabili non utilizzano la sedia a rotelle.
In molti casi, la condizione di disabilità è dettata, infatti, da una qualche condizione che limita e vincola la quotidianità, ma che può essere poco visibile e non intuibile se la persona non lo dichiara apertamente.
Disabilità invisibili: quali sono
Una disabilità “invisibile”, “non visibile”, “nascosta”, “non apparente” o “non visibile” è qualsiasi menomazione fisica, mentale o emotiva che passa in gran parte inosservata.
Una disabilità invisibile può includere, ma non è limitata a:
- deterioramento cognitivo e lesioni cerebrali;
- malattie croniche come sclerosi multipla, stanchezza cronica, dolore cronico e fibromialgia;
- sordi e/o ipoudenti;
- cecità e/o ipovisione;
- lo spettro autistico;
- ansia, depressione, e molti altri.
La disabilità e la malattia cronica possono essere instabili o periodiche per tutta la vita.
Le stime in Italia affermano che il 93% delle persone che ha una disabilità non la dimostra, si tratta quindi, di disabilità invisibili.
Tre cose da sapere sulle disabilità invisibili
Uno dei rischi maggiori, quando si parla di disabilità invisibili, è che le discussioni siano influenzate da atteggiamenti abilisti, che portano la persona disabile a sentirsi in colpa per la propria condizione, e a subire discriminazione continue da parte di coloro convinti che l’unica disabilità sia quella che includa una sedia a rotelle o una condizione visibile.
Per questo, è bene sempre tenere a mente questi tre punti:
- non si tratta di casi isolati o rari. Si può trattare di problematiche momentanee e non definitive, mentre in altri si è di fronte a malattie allo stadio iniziale che diventano più evidenti con il tempo;
- l’interessato non sta fingendo. Spesso, ad esempio, si sente dire: “Non sembri malato”. Lo scetticismo verso le disabilità invisibili non fa altro che incrementare lo stigma e rendere più difficile la vita delle persone che ne soffrono;
- le persone disabili non devono giustificarsi in caso necessitino di utilizzare corsie preferenziali, parcheggi o servizi a loro dedicati. Lo stesso vale per chi ha una disabilità invisibile, è un loro diritto e chiedergliene conto produce un incremento dello stigma nei loro confronti.
Un’ultima informazione, per concludere.
Qualcosa che non tutti sanno è che in molti paesi, tra cui l’Italia, si sta diffondendo l’utilizzo di un cordino verde scuro con il disegno di girasoli gialli da appendere al collo in caso di disabilità invisibile.
Chi lo indossa sceglie di condividere la propria condizione con chi incontra, per segnalare che ha diritto di particolare assistenza o precedenze.
A cura di Sara Comandatore,
Social Care Coordinator
Stimulus Italia