Andrea Bertoletti, Country Manager Stimulus Italia, Benessere psicologico nelle oreganizzazioni

Benessere psicologico nelle organizzazioni: il momento del cambiamento è oggi

Nelle ultime settimane abbiamo assistito a una crescente attenzione intorno al tema della salute mentale. Ciò è avvenuto in risposta alla mancata approvazione del “bonus psicologo” all’interno della Legge di Bilancio.

In realtà sono anni che si parla dell’importanza di tutelare la salute mentale delle persone, sia in termini di qualità della vita degli individui sia in termini di impatto economico sulla Società.

Secondo la World Health Organization (WHO) una persona su quattro ha sofferto almeno una volta nella vita di problematiche connesse alla salute mentale.

I disturbi legati ad ansia e depressione solo nell’ultimo decennio sono aumentati tra il 15 e 20%, tanto che, secondo alcune ricerche, entro il 2030 la depressione sarà addirittura la condizione medica più diffusa al Mondo.

Stress, burnout, ansia, difficoltà a gestire l’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, sfide legate a una nuova normalità sempre più incerta e labile popolano costantemente le linee di ascolto del nostro servizio di supporto psicologico.

Solo nel 2021 i nostri psicologi hanno condotto oltre 11.000 consulenze, una cifra tre volte superiore a quello dello scorso anno.

Questi dati sottolineano ulteriormente come non possiamo più permetterci di ignorare le conseguenze psicologiche che la pandemia ha portato con sé.

In un contesto così delineato, quale ruolo devono svolgere le aziende?

Benessere psicologico in azienda: lo stato dell’arte

La Global Wellbeing Survey 2021, condotta da AON in partnership con IPSOS, che ha coinvolto 1.648 aziende in 41 differenti nazioni, ha evidenziato come per l’82% delle organizzazioni il benessere psicologico al loro interno sia una priorità.

Eppure, se leggiamo più approfonditamente i dati, scopriamo che se da un lato l’87% delle aziende che hanno preso parte all’indagine hanno attivato delle iniziative in ottica wellbeing, solo il 52% ha costruito e disegnato al suo interno una vera strategia.

Cosa significa tutto questo?

Principalmente che il panorama delle strategie aziendali in rapporto al wellbeing è estremamente ampio e variegato.

La nostra esperienza ci mostra oggi che esistono diverse tipologie di situazioni, collocabili secondo uno schema a piramide.

Nel piano più basso troviamo chi non ha mai affrontato il tema della salute mentale. Si tratta di organizzazioni che non hanno ancora trovato il modo, la forza, il coraggio, forse la volontà, di prendersi cura anche della dimensione psicologica dei propri dipendenti.

Salendo troviamo invece quelle aziende che si sono affacciate per la prima volta a questi temi nei primissimi mesi della pandemia. Per queste, attività di formazione o l’attivazione di un servizio di supporto psicologico a distanza hanno rappresentato la prima risposta al periodo emergenziale.

Molte hanno rapidamente compreso gli effetti benefici di un tale investimento per la popolazione aziendale e oggi, passo dopo passo, si stanno muovendo con programmi e percorsi che esulano dalla prima specifica risposta all’emergenza, lavorando su informazione, sensibilizzazione e formazione.

In cima a questa metaforica piramide, troviamo realtà (piccole o grandi) che hanno saputo anticipare i bisogni, che hanno inscritto nel proprio purpose la cura del benessere psicologico dei collaboratori, che da anni lavorano quotidianamente per trasformare la dimensione umana in una leva strategica.

Si tratta di realtà la cui attenzione va oltre la dimensione lavorativa in senso stretto, ma abbraccia e sostiene il collaboratore anche nelle sue dimensioni familiari ed esterne.

Costruire una cultura del benessere: come intervenire

Difficoltà a concentrarsi, tempi più lunghi nel completare le richieste, ansia nel momento di prendere decisioni… queste sono solo alcune delle conseguenze a lungo termine che la pandemia sta producendo nelle persone sul luogo di lavoro.

Prendersi cura nel benessere psicologico dei propri collaboratori impatta positivamente sulle persone e sulla propria realtà organizzativa.

A prescindere da quale sia la situazione di partenza di un’azienda,

la vera differenza sta nel passare dalla semplice attuazione di iniziative alla costruzione di una strategia.

Per questo motivo, possiamo di fatto individuare tre livelli di intervento nel processo di costruzione di una cultura del benessere come soluzione ai problemi di malessere psicologico.

Livello primario.

Rientrano in questo livello tutte le misure proattive finalizzate alla prevenzione dello stress, che agiscono eliminando e riducendo i potenziali fattori di stress.

Ridefinire l’ambiente di lavoro sulla base delle esigenze di lavoro, assicurare pause e momenti di condivisione, coinvolgere i collaboratori nei processi decisionali, sono solo alcune delle misure che possono essere attuate per migliorare fin da subito i livelli di benessere dell’organizzazione.


Livello secondario.

Si tratta di tutte quelle misure che hanno come obiettivo un cambiamento nelle modalità di risposta ai fattori di stress dei singoli collaboratori o dei team.

Intervenendo su questo livello si punta a migliorare la capacità delle persone di far fronte a tutte le condizioni, molto spesso imprevedibili, che possono danneggiare il livello di benessere.

Formazione aziendale, sensibilizzazione e l’attivazione di Programmi di Supporto al Collaboratore sono la prima risposta.


Livello terziario.

Questo livello include tutte le misure di gestione delle forme di malessere conclamato, che richiedono un intervento diretto nei confronti di collaboratori e collaboratrici che si trovano a sperimentare alti livelli di stress.

Consulenze psicologiche, programmi di supporto personalizzati, progetti disegnati sul singolo collaboratore sono le risposte possibili per aiutare le Persone a ritrovare il proprio equilibrio tra sfide e risorse.

Guardare al futuro con lungimiranza

Come abbiamo visto, prendersi cura del benessere psicologico della Persona, per un’organizzazione è un percorso che si estende in più fasi e richiede un’attenzione quotidiana.

Anche le aziende che sono attive e impegnate da anni nelle tematiche connesse al wellbeing oggi non possono permettersi di fermare il proprio sviluppo strategico nell’ambito della cultura del benessere in favore di un risparmio fine a se stesso.

La recente ricerca Navigator, effettuata da HSBC, ha evidenziato come tra le otto leve principali utilizzate dalle aziende per reclutare i migliori talenti, troviamo: i benefit non finanziari (come la terapia online), l’impegno concreto per la creazione di un ambiente realmente inclusivo, la formazione, la sostenibilità.

Questi indicatori dimostrano come il benessere sul luogo di lavoro incida sempre più nel campo dell’acquisizione di nuovi talenti ma anche in termini di employee retention.

Secondo i dati emersi dall’Employer Brand Research di Randstad, l’8% dei lavoratori italiani ha cambiato il proprio posto di lavoro nell’ultima metà del 2020, con un’incidenza maggiore nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni (12%) e con istruzione media (10%).

Questo dato, se aggiunto ai dati di Google Trends che mostrano come sul principale motore di ricerca al mondo sia stato cercato più volte “come avviare un’attività” rispetto a “come trovare un lavoro”, ci porta all’attenzione il tema della Great Resignation e il concetto di Y.O.L.O. Economy.

“You only live once”, un movimento nato negli Stati Uniti e che si sta affermando in Italia soprattutto tra Millenials e Generazione Z, che si lega a un desiderio di cambiamento post-pandemia causato dall’insoddisfazione del proprio lavoro, dagli eccessivi livelli di ansia e pressione e da un livello di benessere psicologico percepito non all’altezza delle aspettative.

In conclusione: Care For People First

In questo momento storico di incertezza e insicurezza, appare evidente come la vera bussola per le organizzazioni possa e debba essere la Persona, vista nella sua interezza e dimensione più umana.

Digital trasformation e innovazione sono sicuramente dei driver fondamentali per la crescita delle organizzazioni, ma non potranno mai limitare la portata della dimensione umana sulle strategie aziendali.

Recentemente il Gruppo Human & Work, di cui Stimulus Italia è parte integrante, ha comunicato la propria vision, riassunta in 4 semplici parole: Care For People First.

Per anni abbiamo sentito parlare di modelli organizzativi people centered, dove le persone potessero davvero essere al centro dello sviluppo delle decisioni strategiche.

Il momento per agire è questo.

Siamo tutti chiamati a prendere decisioni che pongono la cura della Persona al centro del nostro agire.

In Stimulus siamo pronti al cambiamento e a essere di supporto per tutti coloro che intendono muoversi in questa direzione.

Solo se abbiamo ben chiara la crucialità della dimensione umana negli anni a venire, possiamo proiettarci insieme nella costruzione di un mondo del lavoro sempre più inclusivo, responsabile e sereno.

Andrea Bertoletti, country manager Stimulus ItaliaAndrea Bertoletti,
Country Manager
Stimulus Italia