dipendenza affettiva, illustrazione di giovane coppia che discute in salotto

La dipendenza affettiva

Ognuno di noi è legato in qualche misura agli altri: tutti abbiamo bisogno di approvazione, empatia e conferme da parte degli altri, per sostenerci e per regolare la nostra autostima.

In una relazione, che sia genitoriale, sentimentale o amicale, è del tutto naturale che ci sia un certo grado di dipendenza.

La vera indipendenza non è possibile né auspicabile.

Quando si parla di dipendenza affettiva, il grado di dipendenza raggiunge una forma estrema che può diventare patologica.

Che cos’è la dipendenza affettiva?

Con l’espressione “dipendenza affettiva” si fa riferimento a una modalità disfunzionale di vivere le relazioni di coppia.

Per disfunzionale si intende una modalità non appropriata alla realizzazione dei bisogni di ciascuno, poiché eccessivamente sbilanciata sul polo della dipendenza (a discapito dell’autonomia) e caratterizzata da rigidità (si ripete sempre nello stesso modo).

Di conseguenza, la persona che manifesta questo modo di relazionarsi tenderà a sviluppare una sofferenza legata all’impossibilità di rapportarsi l’uno all’altro secondo un’interdipendenza sana e matura, che coniughi il bisogno dell’altro con la salvaguardia della propria autonoma individualità.

La dipendenza affettiva diventa una condizione psicologica di disagio quando la persona mostra difficoltà a porre un confine psichico con l’altro e a conservare la propria individualità all’interno di un rapporto sentimentale.

Infatti, nutrendo l’aspettativa che il proprio benessere psicofisico dipenda quasi esclusivamente dalla presenza del partner, il soggetto finisce per legarsi in maniera eccessiva diventando, per l’appunto, dipendente (dal latino “de pendere”, ossia “essere appeso”, “attaccato”).

Tali vissuti possono indurre la persona a vivere come in un circolo vizioso: l’angoscia di perdere l’amore dell’altro si traduce in continui e crescenti gesti di affetto verso il partner, che nel tempo si strutturano come un’ossessione che obbliga la persona a vivere in un perenne stato di angoscia.

Come si manifesta la dipendenza affettiva?

La caratteristica fondamentale è l’assenza di reciprocità nella relazione sentimentale, nella quale si osserva una tendenza continua e irrefrenabile del soggetto dipendente a dare all’altro senza ricevere nulla.

L’altro diventa fulcro dell’esistenza e tutto viene fatto nel tentativo di generare il suo benessere, a discapito della propria salute psicofisica, della crescita personale e della soddisfazione dei propri bisogni.

La sofferenza, il dolore e l’insoddisfazione non sono motivo di rottura, anzi alimentano la condizione di dipendenza nel tentativo di ridurli attraverso la soddisfazione del bisogno altrui.

Il comportamento attivato è spesso compiacente, diligente e quasi sacrificale, nel tentativo disperato di farsi amare, approvare e di tenere il partner legato a sé.

Nonostante le offese e i comportamenti irrispettosi che possono arrivare dal partner, permane un’immensa paura di perdere l’altro e la difficoltà a porre fine alla relazione, poiché in essa viene appagato il bisogno primario di legame e di protezione.

Le peculiarità della dipendenza affettiva si possono sintetizzare in tre caratteristiche principali:

  • la difficoltà a riconoscere i propri bisogni e la tendenza a subordinarli ai bisogni dell’altro;
  • l’atteggiamento negativo verso di sé e un senso profondo di inadeguatezza;
  • la paura di cambiare funge da blocco e impedisce lo sviluppo delle capacità individuali, soffocando desideri e interessi personali.

Come si può uscire da una dipendenza affettiva?

Spesso alla base della dipendenza affettiva c’è un vissuto fragile di se stessi, un’idea di essere bisognosi di “appoggi” esterni e poco autosufficienti a livello emotivo.

Si tratta di una percezione di sé che ha certamente radici lontane nel tempo, e che obbliga chi la vive a stabilire dei rapporti di forte dipendenza psicologica da altre persone.

Le cause di una simile percezione di sé (che esiste “al maschile” e “al femminile”) possono essere tante, ma certamente si tratta di una forma di disagio che limita fortemente la libertà di scelta e di azione e che inquina la qualità della vita della persona così come le relazioni con altri individui.

Il primo passo per uscire da questa modalità relazionale è ammettere di avere un problema, mentre il secondo è ammettere di avere bisogno di aiuto.

Compiere questi primi due passi è difficile per tutti e, in particolare, per chi vive una condizione di dipendenza affettiva, in quanto la persona può temere che chiedendo aiuto andrà a rinforzare la propria dipendenza.

In realtà non è così: chiedere aiuto è una sfida che conviene accettare non tanto per correggere se stessi quanto piuttosto per ripensare alle proprie modalità relazionali, nell’ottica di sperimentare un nuovo sguardo su se stessi.

Inoltre, il tipo di figura che lavora con la dipendenza affettiva (lo psicoterapeuta) è un professionista che per sua formazione aiuta a sviluppare l’autonomia delle persone all’interno di una relazione di aiuto e di ascolto.

Ciò che aiuta a sviluppare modalità relazionali più mature è, in sostanza, proprio l’esperienza di una relazione nella quale ciascun soggetto è attivo e capace di regolare i propri stati d’animo.

Per usare un’immagine, possiamo dire che una relazione stabile e matura è una relazione nella quale i soggetti non hanno bisogno dell’altro per mantenersi psicologicamente integri, ma per aiutarsi nella vita di tutti i giorni e sentirsi più realizzati nel proprio percorso di vita.

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