stress da smartworking, illustrazione donna al pc su scrivania in casa

Stress da smartworking: come contrastarlo?

Negli ultimi due anni, parole come smartworking, lavoro da remoto, telelavoro sono state probabilmente tra le più utilizzate in ambito lavorativo.

La crisi pandemica ha costituito infatti un vero e proprio acceleratore per lo sviluppo di questa modalità di lavoro.

Se fino a qualche tempo fa solo alcune aziende proponevano lo smart working ai propri dipendenti e solo per poche giornate al mese, improvvisamente anche aziende che mai avevano pensato di ricorrere a questo strumento, si sono ritrovate ad implementarlo in modo esteso e sistematico.

Questo ha comportato un cambiamento importante nel nostro modo di lavorare.

Se in un primo momento molti di noi avranno sicuramente apprezzato il fatto di risparmiare il tempo perso nel traffico delle ore di punta, di guadagnare un po’ di sonno la mattina, di poter godere della comodità di lavorare dal proprio divano di casa, col passare delle settimane queste sensazioni positive sono state progressivamente sostituite da un senso di monotonia, solitudine, aumento di stress e difficoltà di concentrazione.

Stress da smartworking: perdita di socialità e “rottura dei confini”

Perché è avvenuto tutto questo?

I fattori possono essere molti, quelli più importanti possono essere ricondotti a due dimensioni principali:

  • la perdita di socialità;
  • la“rottura dei confini”.

Per quanto riguarda il primo fattore, è facile comprendere come l’assenza del rapporto con i colleghi, la possibilità di spezzare il ritmo lavorativo con qualche chiacchiera informale, o di potersi confrontare direttamente per qualsiasi problema del momento, abbia inciso negativamente sulla qualità della propria esperienza lavorativa.

Il nostro lavoro d’altronde non è solo che cosa facciamo concretamente, ma anche tutto il contesto che vi ruota attorno.

Ma che cosa si intende invece per “rottura dei confini”?

Con questo termine possiamo sintetizzare tutti quei cambiamenti che hanno modificato il nostro modo di vivere le dimensioni dello spazio e del tempo di lavoro.

Se prima la parola “lavoro” poteva significare un preciso luogo, che prevedeva un preciso percorso per arrivarci ed era scandito da ritmi più o meno prevedibili (l’arrivo in ufficio, le pause caffè, la pausa pranzo, l’uscita, ecc.), ad un tratto tutto ha cominciato a confondersi in un magma indefinito.

Lo spazio è diventato unico: spesso si lavora nella stessa stanza in cui si dorme o si mangia, la pausa caffè è fatta davanti al computer mentre si continua a lavorare. Il tempo ha perso i suoi ritmi, per cui talvolta non si riesce neanche più ad identificare dove inizi e dove finisca la propria giornata lavorativa.

Tutti questi aspetti contribuiscono inesorabilmente a peggiorare la qualità della nostra esperienza di lavoro; spazio e tempo, infatti, sono due dimensioni costitutive dell’essere umano e la qualità di tutte le nostre esperienze di vita, compresa quella professionale, risente inevitabilmente del nostro modo di viverle e sperimentarle.

Se la nostra possibilità di agire sul fattore socialità al lavoro è per ovvie ragioni estremamente limitata, fortunatamente abbiamo grandi capacità di manovra per porre un argine alla rottura dei confini.

Come?

Ricreandoli!

Come ricreare i nostri confini?

La parola chiave per poterci riuscire è “rituale”. In che senso?

A tutti sarà capitato, almeno una volta, di sentir parlare dell’importanza di strutturare una propria routine, trovare il giusto momento per ogni cosa, prendersi i propri tempi. Questo ci aiuterebbe ad essere più produttivi e a migliorare il nostro benessere psico-fisico.
Consigli del genere potranno forse sembrare banali o scontati (eppure non altrettanto scontato è riuscire a metterli in pratica), ma affondano le radici nella stessa storia dell’umanità.

La parola sanscrita “Rta”, infatti, da cui derivano le nostre “rito” e “rituale”, indica l’ordine cosmico, ciò che scorre e si realizza senza ostacoli.

Nei popoli primitivi, in cui la separazione tra mondo interiore e mondo esteriore non era così netta come per noi, i rituali servivano a proteggere l’individuo dalla potente carica di energia che permeava il mondo, che aveva bisogno di essere incanalata per non esserne travolti.

Proviamo a pensare ad un fiume con una forte corrente che rischia di straripare. L’acqua sono le nostre sensazioni di stress, monotonia, mancanza di concentrazione e stanchezza che uno “smart working senza confini” ci porta a sperimentare.

Il rituale può svolgere la stessa funzione di quei canali laterali che permettono di scaricare la portata dell’acqua. L’acqua in sé sarà la medesima, ma scorrerà in modo decisamente diverso rispetto a prima.

Costruisci il tuo rituale

Come applicare tutto questo concretamente nella propria giornata lavorativa?

Ecco alcuni consigli:

Attività diverse, spazi diversi.

Se è possibile, evitiamo che la stanza in cui lavoriamo sia la stessa in cui facciamo anche altre attività, come dormire o mangiare. Il nostro cervello ha bisogno di associare attività diverse a spazi diversi.


Segna i passaggi.

Scandisci l’inizio e la fine della giornata lavorativa con delle azioni che testimonino un “passaggio”. Ad esempio, una breve passeggiata prima di cominciare e una subito appena finito, ricreando così metaforicamente il percorso da casa all’ufficio e viceversa.


Occhio alle pause.

Le pause sono importanti, ci permettono di ricaricare le pile. In un contesto pesante come può essere quello dello smart working, può essere utile aumentarne la frequenza. Qualche minuto ogni 1-2 ore circa per prendere una boccata d’aria alla finestra o sul balcone, o semplicemente concentrarsi sul proprio respiro, può fare la differenza.


Pausa vuol dire pausa.

Se decidiamo di prenderci un break, facciamo in modo che lo sia davvero. Non prendiamo il caffè davanti al pc. Ricordiamoci che il cervello ha bisogno di associare attività diverse a spazi diversi. Beviamo il caffè in un’altra stanza, ricreando l’area relax del nostro ufficio!


Questi sono solo alcuni spunti che da subito potranno aiutarci a vivere in maniera diversa lo spazio e il tempo dello smartworking. Ognuno di noi può costruire il proprio rituale, imparando progressivamente a conoscersi e a ri-conoscere le abitudini che possono farci stare meglio.

A cura di Marco Florio,
Psicologo Team Stimulus Italia

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