La continua rincorsa a fare di più mette in luce il nostro più grande bisogno: fermarsi.
La nostra epoca è caratterizzata da un curioso paradosso: pur avendo raggiunto nel complesso un livello di benessere, ricchezza, possibilità e conoscenze come mai prima nella storia, la sensazione è che, non siamo mai stati forse tanto confusi, stanchi, e insoddisfatti come oggi.
Secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la depressione nel mondo è aumentata del 18% tra il 2005 e il 2015, divenendo la prima causa di disabilità a livello globale e si prevede che nel 2030 supererà il primato delle malattie cardiovascolari come prima causa di giornate di lavoro perse.
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, afferma che c’è un’onda lunga di disagi e disturbi psicologici che durerà anni e interessa quote crescenti della popolazione.
I problemi psicologici conclamati riguardano almeno una persona su quattro nella popolazione generale fino ad arrivare a una su due nei giovani.
I motivi di questo vertiginoso aumento dell’insoddisfazione generale possono essere determinati da numerosi fattori: fatica da pandemia, stanchezza generalizzata, incertezza costante, una nuova normalità tanto desiderata che tarda ad arrivare, la sensazione che tutto muti velocemente ma che in realtà poco o nulla sia veramente cambiato.
Cosa possono fare aziende e lavoratori per affrontare questo trend?
Aziende: a che punto siamo?
Alle aziende è richiesto sempre più spesso di occuparsi anche del benessere dei proprio dipendenti.
Lo chiede la nostra società e più nello specifico lo chiedono gli stessi lavoratori; una ricerca effettuata dall’Harvard Business Review ha evidenziato che l’86% delle persone intervistate ritiene necessario che la propria azienda si occupi di salute mentale e della felicità del proprio collaboratore.
Secondo il report Global Talent Trends 2022 di Linkedin, la priorità per chi cerca un nuovo lavoro è la presenza di work-life balance, prima ancora del salario e dell’ambiente lavorativo mentre per chi già ha un’occupazione la richiesta è di investire sulla cultura aziendale spingendo in primis sulle opportunità di carriera, seguito dalla possibilità di garantire lavoro flessibile e l’attenzione al benessere fisico e mentale.
Molte imprese hanno già intrapreso percorsi di welfare innovativi e modificato le proprie culture aziendali per attrarre, trattenere e far crescere grandi talenti.
Dall’analisi dei dati a disposizione, stiamo notando che le aziende stanno trovando sempre più modi per dimostrare cura e attenzione per i loro lavoratori, tra cui ad esempio, i programmi di assistenza per i dipendenti (EAP), formazioni a supporto di alcune fette di popolazione come i caregiver o i genitori, training per sviluppare nuove soft skills ma anche per connettere ( o meglio riconnettere) gruppi di persone che sono state a distanza per molto tempo.
Il mito dello stacanovista dove “più si lavora, meglio è” sta cedendo il passo ad una visione moderna e integrata di lavoratore più soddisfatto e felice nel suo lavoro.
Il ruolo del collaboratore e della persona
Cercare aziende che credono nel work life balance e che costruiscono sistemi di welfare moderni è il primo passo per stare meglio, ma cosa può fare in più il lavoratore per prendersi cura del proprio benessere?
Anche se sembra paradossale in uno scenario che invita al fare, è importante provare a fermarsi per capire cosa si sta veramente cercando.
Rallentare in una realtà digitale, globalizzata, richiedente, sembra controintuitivo e spesso impossibile ma la psicologia sostiene da sempre quanto sia fondamentale per il nostro benessere ed equilibrio mentale.
Fermarsi veramente porta ad una consapevolezza maggiore dei propri vissuti e delle proprie emozioni, permette di mettere a fuoco i propri bisogni, accettando la fatica e la complessità che ci circonda.
Solo dopo essersi fermati, infatti, si torna ad essere davvero presenti. Si smette di seguire un automatismo e si riprende in mano, in maniera autentica e consapevole, ciò che si stava facendo.
Soddisfare il bisogno di fermarsi con la mindfulness
Uno dei metodi oggi più diffusi ed efficaci per imparare a “non fare” è la mindfulness.
Questa disciplina allena la nostra naturale attitudine a prestare attenzione a ciò che avviene momento per momento, ovvero a sviluppare coraggiosamente una maggiore consapevolezza di ciò che avviene dentro di noi, cercando di essere meno critici e giudicanti.
Non solo, permette di entrare in contatto anche con il mondo che ci circonda, dandoci il tempo di elaborare e di capire le complessità e le incertezze che lo caratterizzano.
L’obiettivo è inoltre riuscire ad accettare un pensiero che ci fa paura o un’emozione forte senza volerla per forza combattere.
La mindfulness è molto utile anche nell’ambito professionale: in periodi di forte stress ci permette di circoscrivere un problema per quello che è, senza ingigantire un qualsiasi imprevisto e ci consente di non perdere la percezione di sé.
Concentrarsi sul momento presente senza giudicarci o giudicare tutto quello che ci sta intorno permette di godere momenti che normalmente diamo per scontati e di trovare nuovi modi per affrontare il presente senza timori o paure ma con coraggio.
In un contesto in costante evoluzione è necessario che le aziende si prendano sempre più cura delle persone e che le persone sviluppino competenze in grado di affrontare complessità e sfide imprevedibili sempre in connessione con se stesse e con le proprie emozioni.
In futuro, la capacità di fermarsi e stare con quello che c’è, che spesso sarà imprevedibile e incerto, sarà ciò che ci aiuterà maggiormente a far fronte alle sfide future.
a cura di Lorenza Pastore,
Psicologa e Formatrice,
Stimulus Italia