Victim Blaming: quando la vittima diventa colpevole
Quante volte capita di sentire frasi che sembrano minimizzare situazioni difficili vissute da qualcuno? Può accadere in ufficio, tra amici, o persino in famiglia. Parole pronunciate senza pensarci troppo, ma che spostano l’attenzione dai fatti per attribuire la responsabilità a chi, invece, ha subito un torto. Questo meccanismo insidioso è il victim blaming: una dinamica che sposta la colpa dall’autore di un’azione dannosa alla persona che ne subisce le conseguenze.
Che cos’è esattamente il victim blaming?
Il “victim blaming”, in italiano “colpevolizzazione della vittima”, fa riferimento alla tendenza ad attribuire la responsabilità alla vittima della violenza o molestia subita. È un processo psicologico che comporta un’inversione dei ruoli di vittima e colpevole: invece di condannare il comportamento degli aggressori, il focus si sposta sulle azioni o le decisioni delle vittime.
Perché si tende a colpevolizzare le vittime?
Uno dei motivi è legato agli stereotipi e alle aspettative sociali che influenzano il nostro modo di percepire situazioni e comportamenti. In ambito lavorativo, ad esempio, una dipendente che decide di segnalare comportamenti scorretti da parte di un collega potrebbe essere percepito come “eccessivamente sensibile” o accusata di voler destabilizzare l’ambiente di lavoro. Questo accade spesso a persone appartenenti a minoranze o a chi si discosta dalle tradizionali aspettative di genere, contribuendo a rafforzare pregiudizi e dinamiche discriminatorie.
La reazione di victim blaming non solo sminuisce il problema, ma sposta l’attenzione sulla persona che ha segnalato, insinuando che sarebbe stato meglio ignorare l’accaduto.
Un altro elemento da considerare è la fallacia del mondo giusto, ovvero la tendenza a credere che le persone vivano in ambiente equo e paritario perché ci sono delle norme che lo regolano. Questo meccanismo psicologico porta a cercare spiegazioni che incolpano la vittima, che è responsabile di aver spezzato l’illusione di un mondo prevedibile e sicuro, facendo notare il problema. Tuttavia, questa prospettiva ignora il fatto che comportamenti inappropriati o violenti dipendono esclusivamente dalle scelte di chi li compie, non da chi li subisce o li denuncia.
Quali sono le conseguenze del victim blaming?
Il victim blaming non è senza effetti per chi lo subisce: lo stress psicologico di essere considerato responsabile può portare a una grande sofferenza interna, compromettendo il benessere emotivo e la qualità della vita; il senso di colpa e la vergona possono intaccare le relazioni sociali e la fiducia nelle persone che ci circondano perché l’autore viene deresponsabilizzato e tutta l’attenzione, con i suoi effetti negativi, è concentrata sulla vittima. In questo modo, il problema della violenza è minimizzato, nascosto, e non affrontato in modo adeguato.
Che cosa possono fare le aziende per rendere visibile e contrastare il victim blaming?
– Creare percorsi di segnalazione sicuri e protetti: l’accesso a canali sicuri, confidenziali e protetti per segnalare abusi e molestie garantiti per i dipendenti. Ad esempio, si può implementare una linea diretta anonima per le segnalazioni o un modulo online che garantisca il massimo rispetto della privacy.
– Aprirsi ai feedback e promuovere analisi di clima: le aziende che promuovono azioni di monitoraggio del clima aziendale, raccogliendo i feedback da parte dei dipendenti e valutando l’efficacia di politiche messe in atto, possono identificare comportamenti problematici e migliorare le politiche che contrastano il victim blaming.
– Offrire formazione continua per tutti i dipendenti: le aziende potrebbero introdurre programmi di formazione per tutto il personale, inclusi manager e leader, per riconoscere e contrastare il victim blaming, favorendo una maggiore e sensibilità verso il tema.
– Promuovere campagne di sensibilizzazione interna: le campagne interne che parlano apertamente del fenomeno di victim blaming possono aiutare a sensibilizzare l’intera azienda e favorire una cultura di rispetto a consapevolezza.
Conclusioni
Contrastare il fenomeno del “victim blaming” rappresenta una responsabilità fondamentale per le aziende, chiamate a creare ambienti di lavoro sicuri, inclusivi e rispettosi. Un riferimento normativo di rilievo per le aziende è la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, che mira a prevenire la violenza domestica, proteggere le vittime e perseguire i responsabili. Questo quadro giuridico sottolinea l’importanza di adottare azioni concrete per tutelare chi subisce discriminazioni o violenze.
Affrontare “il victim blaming” significa porre le persone al centro, promuovendo una cultura in cui le vittime possano sentirsi protette, supportate e libere di esprimersi. Le aziende che agiscono per contrastare il “victim blaming” non solo proteggono i propri dipendenti, ma dimostrano un impegno concreto verso il rispetto dei diritti umani e il benessere collettivo.
Investire in formazione, sensibilizzazione e politiche di supporto è un passo cruciale per spezzare il ciclo di colpevolizzazione e promuovere un ambiente in cui le vittime di violenza non siano mai giudicate, ma ascoltate e sostenute. Con un approccio collettivo e sostenibile è possibile costruire una cultura aziendale che valorizzi la dignità di ogni persona.
Valentina Marchionno,
Network Coordinator di Stimulus Italia